Oggi vorrei commemorare il ricordo di uno dei protagonisti della scienza che ci ha indicato una possibile via verso il futuro: Franke Drake.
Forse non tutti sanno che Drake, oltre ad essere l’ideatore della famosa equazione empirica che tende a fornire indicazioni circa il possibile numero di civiltà evolute nell’Universo è stato anche uno dei “padri” del progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence).
Ancora giovane, fu ispirato dal famoso articolo di Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, del titolo “Search for Interstellar Communications” (Nature, 19 Settembre 1959) . In questa pubblicazione si trattava del possibile impiegho delle trasmissioni radio alla lunghezza d’onda di 21 cm, per comunicare attraverso le distanze interstellari.
Ricordiamo che la lunghezza d’onda a 21 cm corrisponde alla riga spettrale dell’idrogeno neutro. Essa è generata da una variazione energetica dell’idrogeno neutro interstellare.
L’atomo di idrogeno è composto da una particella con carica positiva, il protone, e da una particella con carica negativa, l’elettrone. Queste particelle hanno un momento angolare intrinseco chiamato spin. Quando gli spin delle due particelle sono antiparalleli, l’atomo si trova nel suo stato energetico più basso. Quando gli spin sono paralleli, l’atomo ha una piccola quantità di energia in più. Nello spazio molto freddo tra le stelle, gli atomi di idrogeno interstellare si trovano in uno stato di minima energia possibile. Le collisioni tra particelle, tuttavia, possono talvolta eccitare alcuni atomi, che conseguentemente acquisiscono un “eccesso di energia”.
Secondo le regole della meccanica quantistica, questi atomi irradiano l’energia acquisita sotto forma di fotoni a bassa energia, che corrispondono a una lunghezza d’onda di 21 centimetri, o a una frequenza di 1.420 megahertz. Questa transizione, chiamata transizione iperfine, si verifica all’incirca ogni 10 milioni di anni per singolo atomo.
Sebbene la transizione avvenga molto raramente, nella Via Lattea c’è così tanto idrogeno che l’emissione a 21 centimetri è facilmente osservabile, poiché statisticamente una quantià sempre enorme di atomi viene eccitata alo stesso tempo. Questa radiazione penetra facilmente le nubi di polvere interstellare, che ostacolano le osservazioni ottiche e permette quindi di mappare la struttura a spirale della galassia. Per questo motivo si ritiene (e si spera) che una civiltà evoluta possa scegliere questa lunghezza d’onca possibile caratteristicha di un segnale radio da inviare ai propri vicini.
Le origini del SETI
In ogni modo, ritornando a Drake, grazie gli spunti tratti dal lavoro di Cocconi e Morrison, condusse la prima ricerca via radio nell’aprile 1960: il progetto Ozma… una delle prime campagne di ricerca nell’ambito del SETI.
Ozma prende il nome dalla regina della terra immaginaria di Oz di L. Frank Baum, un luogo “molto lontano, difficile da raggiungere e popolato da esseri strani ed esotici”.
La ricerca utilizzò l’antenna parabolica di 26 metri di Green Bank per scansionare due stelle vicine, alla ricerca di trasmissioni radio extraterrestri:
Tau Ceti nella costellazione del Cetus (la Balena) e Epsilon Eridani nella costellazione dell’Eridanus (il Fiume), ognuna delle quali si trova a circa undici anni luce di distanza (120.000 miliardi di chilometri). Entrambe le stelle hanno una luminosità pari a quella del Sole e si presumeva (ma all’epoca non era noto) che avessero dei pianeti. Mentre Tau Ceti è un po’ più vecchia del Sole, Epsilon Eridani è sostanzialmente più giovane.
Drake pensava di aver fatto centro il primo giorno, con il rilevamento di un segnale anomalo e pulsato proveniente dalla direzione di epsilon Eridani. Tuttavia, il segnale si rivelò provenire da un aereo ad alta quota.
Le osservazioni, alla fine, durarono circa sei settimane, impiegando il radiotelescopio per un tempo complessivo di circa 200 ore. Ovviamente, come sappiamo oggi, non furono scoperti segnali extraterrestri veri e propri.
Mai arrendersi
Chiaramente Drake non si scoraggiò e l’anno successivo organizzò una conferenza SETI a Green Bank per volere di J. Peter Pearman della National Academy of Sciences. All’incontro furono invitati molti scienziati, tra i quali è bene ricordare la presenza di un giovane Carl Sagan. Furono, inoltre, invitati Cocconi e Morrison, che avevano ispirato la nascita del progetto SETI.
La prima esperienza osservativa di Drake, gli fornì una prima base di esperienze dalla quale trasse un’importante conclusione: quali sono le domande alle quali dobbiamo rispondere prima di poter affermare che un segnale captato sia di origine intelligente?
Quindi, quali avrebbero dovuto essere i punti da cui partire per selezionare i target più probabili?
Era logico stabilire una percorso di selezione da utilizzare allo scopo di evitare di orientare gli stumenti a casaccio nel cielo.
Dunque, se la vita extraterrestre fosse esistita, sembrava ragionevole aspettarsi che vivesse su pianeti in orbita attorno alle stelle. Poi, quante di queste formano pianeti? Quanti di questi pianeti sono temperati come la Terra e quanti alla fine sviluppano la vita semplice?
A seguire questo ragionamento si arriva ad una serie di altre domande fondamentali: su quanti di questi mondi la vita semplice si evolve in vita complessa e intelligente? Quale frazione di queste civiltà intelligenti sviluppa la tecnologia per la comunicazione interstellare? E infine, per quanto tempo esistono le civiltà aliene, perché l’Universo è molto vecchio e se le civiltà tecnologiche non durano a lungo, le possibilità che la nostra esistenza coincida con la loro potrebbero essere scarse.
L’equazione di Drake
Seguendo questo percorso deduttivo, Drake comprese di aver elaborato un’equazione per stimare quante civiltà extraterrestri tecnologiche e in grado di comunicare potessero esserci là fuori. Sebbene la maggior parte dei fattori di quella che è diventata nota come l’equazione di Drake siano completamente sconosciuti, il che significa che possiamo solo tirare a indovinare i loro valori, è proprio questo il punto. A differenza di altre equazioni scientifiche, non è mai stata concepita per fornire una risposta precisa, ma piuttosto per mettere in luce la nostra ignoranza e quanto abbiamo ancora da imparare. Ancora oggi, conosciamo solo i valori precisi dei primi due fattori.
Sebbene il SETI abbia rappresentato una parte importante della carriera di Frank Drake, egli fu, principalmente, un radioastronomo.
Si occupò, ad esempio, della conversione e sviluppo dell’Osservatorio Radio di Arecibo da struttura militare al più grande telescopio astronomico a parabola singola del mondo. Di questo sito radioastronomico, ricoprì anche il ruolo di direttore tra il 1966 e il 1968.
Il primo messaggio
Fu proprio da Arecibo che nel 1974 trasmise il famoso messaggio verso l’ammasso globulare M13, distante 22.000 anni luce.
Il radiotelescopio era stato rinnovato da poco e quella fu un’occasione per utilizzare il messaggio come una sorta di una nuova inaugurazione.
Drake, successivamente, decise di inviarlo ad un gruppo di premi Nobel, nessuno dei quali riuscì a decodificarlo.
Solo molti anni, anni dopo che il messaggio era stato inviato nello spazio, un decodificatore dilettante vide il messaggio binario in una rivista e lo decodificò completamente.
Anni dopo, in collaborazione con la divulgatrice scientifica Dava Sobel, scrisse il libro intitolato “Is Anyone Out There?” dove si legge:
L’esperienza mi ha insegnato due cose.
(1) il mio messaggio era troppo affollato e troppo confuso; e
(2) un giorno in cui ricevessimo davvero un messaggio extraterrestre, dovremmo essere sicuri di coinvolgere appassionati decifratori dilettanti nella sua interpretazione.
Drake collaborò anche con Carl Sagan e Linda Salzman Sagan per progettare le targhe Pioneer, inviate a bordo delle missioni Pioneer 10 e 11 e , sempre in collaborazione con Carl Sagan, al Voyager Golden Record, che conteneva una selezione di musica, suoni e immagini della Terra da far ascoltare agli alieni.
Nonostante, nel corso della sua vita Drake non abbia mai coronato il suo sogno di ricevere un segnale da una civiltà extraterrestre la sua speranza di trovare altre forme di vita intelligente non è mai venuta meno. La sua scomparsa ci lascia oggi una grande speranza che possiamo riassumere con le sue stesse parole:
“Il silenzio che abbiamo sentito finora non è in alcun modo significativo” scrisse insieme a Sobel. “Non abbiamo ancora cercato abbastanza a lungo o abbastanza intensamente. Non abbiamo esplorato una parte abbastanza grande del pagliaio cosmico… L’obiettivo non è al di là di noi. È alla nostra portata”.
Tratto in parte da: https://astronomynow.com/