Il mistero della Via Lattea – Parte 1/2

di Giuseppe Nobile - da cassiopeaonline.it

Esistono luoghi sulla Terra in cui la Via Lattea, nel cielo notturno, si frammenta in nubi così lucenti da illuminare debolmente il suolo tutt’intorno, luoghi in cui le stelle sembrano più vicine, quasi a portata di mano. Purtroppo per la maggior parte di noi, abitanti di città inquinate, quello straordinario spettacolo celeste è inaccessibile e lontano, troppo lontano.

Ma non era così nel passato, quando l’uomo viveva in luoghi in cui la notte era oscura e pulita, e i cieli appartenevano alla Galassia.

Ecco allora, dinanzi allo scenario più bello che la natura possa offrire, sorgere spontanea una domanda: perché il cielo notturno è pieno di stelle che tendono ad addensarsi in quella fascia lucente, che abbiamo chiamato “Via Lattea”? In altre parole: dove siamo?

La necessità di conoscere la posizione della Terra nel cosmo rappresenta una delle motivazioni fondamentali che hanno spinto l’uomo a studiare, con ogni mezzo a sua disposizione, l’Universo. Oggi, dopo secoli di speculazioni, abbiamo una risposta sufficientemente esauriente.

Non è stato facile. La difficoltà maggiore nasceva dal fatto che dovevamo disegnare la geografia

Nubi Cosmiche [Credit: NASA James Webb Space Telescope]

della Galassia, nostra “città” cosmica, senza poterci allontanare dalla Terra, sperduta da qualche parte tra le sue innumerevoli stelle. Una situazione simile a quella di un cittadino, che cerca di capire come è fatta l’immensa città in cui vive, osservandola dalla finestra di casa, in una giornata nebbiosa. C’è voluto molto tempo, durante il quale l’uomo, attraverso un lento cammino di conoscenza, tortuoso e pieno di vicoli ciechi, ha utilizzato tutto il suo ingegno per superare la propria “cecità”, sondando il cosmo oltre il visibile, nelle altre lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico , dai raggi gamma alle onde radio, per vedere meglio e più lontano.

Piano piano si è andato delineando il magnifico quadro che ritrae la Galassia quale realmente è, il vero volto della nostra “metropoli” celeste. Questo lavoro non è ancora finito, ma i tratti fondamentali sono stati già tracciati.

All’inizio fu ragionevole supporre, osservando le altre galassie, meglio visibili della nostra nella loro totalità, che anche la Via Lattea potesse presentare una struttura a spirale. Ma come dimostrarlo? Gli immensi spazi interstellari non sono vuoti, ma disseminati di idrogeno, estremamente rarefatto. Esso si può presentare sotto forma di atomi neutri, o sotto forma molecolare. Per nostra fortuna, gli atomi di idrogeno neutro emettono radiazione elettromagnetica alla lunghezza d’onda di 21 centimetri. Questa radiazione può essere catturata dai radiotelescopi. Con un paziente lavoro di analisi dei dati, raccolti esaminando l’intera volta celeste, è stato così possibile disegnare una prima mappa della galassia, in cui incominciavano a evidenziarsi i bracci della spirale. Ma l’idrogeno atomico non è il solo tracciante della struttura galattica.

La mappa celeste dell’idrogeno neutro [Credit: J. Dickey (UMn), F. Lockman (NRAO), SkyView]

Anche l’idrogeno molecolare rappresenta un valido aiuto in tal senso. I suoi legami molecolari vengono facilmente distrutti dalla radiazione ultravioletta che attraversa gli spazi interstellari, proveniente dalle caldissime stelle giganti azzurre, di classe spettrale O e B. Di conseguenza, esso può sopravvivere solo in luoghi nei quali finissime polveri di silicati, del tutto simili a quelli che compongono le rocce terrestri, impediscono ai raggi ultravioletti di raggiungerlo. Questi luoghi sono i freddi cuori oscuri delle grandi nubi molecolari, sparse lungo i bracci a spirale della Galassia. L’idrogeno molecolare purtroppo non emette alcuna radiazione, ma può essere rivelato indirettamente, in quanto si accompagna al monossido di carbonio CO che, sebbene meno abbondante, fa sentire la sua presenza alla lunghezza d’onda di 2,6 centimetri.

Nelle nubi molecolari sono state scoperte molecole di acqua di formaldeide e altre ancora più esotiche, tra cui recentemente una forma di zucchero. Nelle loro profondità più nascoste si sviluppano le alchimie complesse, non ancora del tutto comprese, che portano alla nascita di nuove stelle. Sono le nursery stellari della Galassia, i luoghi privilegiati attraverso i quali la nostra immensa “città” cosmica mantiene stabile la sua popolazione, evolvendosi.

Ultime, ma non meno importanti quali traccianti del maestoso disegno spiraliforme, sono le stelle supergiganti azzurre e le nebulose a emissione. Le prime, sparse lungo le braccia a spirale, ben visibili anche da grande distanza, fin dove il gas interstellare non ne assorbe la luce; le seconde, individuabili ad ancor maggior distanza tramite le emissioni di luce visibile generate dalla ricombinazione degli elettroni con i protoni, presenti nel gas della nube.

Alla luce di tutto questo, tenendo conto degli studi riguardanti i moti e le distanze delle stelle, effettuati nelle zone accessibili della Galassia, è possibile costruire la mappa della nostra “città” cosmica, per capire finalmente dove ci troviamo.

La maggior parte del gas e delle polveri interstellari sono distribuiti in un disco di 100.000 anni luce di diametro. Il rapporto diametro/spessore è paragonabile a quello di due CD-ROM sovrapposti. Il disco, che contiene stelle in gran numero, tra le quali giovani e luminose giganti rosse e blu, presenta un rigonfiamento centrale esteso 7000 anni luce, il bulge, che è formato da stelle più vecchie di quelle distribuite nel disco. Attorno al disco si estende un immenso alone oscuro, in cui risiedono stelle ancora più vecchie.

Dallo studio dei moti delle stelle dell’alone è emersa una realtà sconcertante: sebbene contenga una piccola frazione della popolazione stellare galattica, l’alone racchiude il 90% della massa della Galassia. Come dire che tutto ciò che percepiamo della nostra “metropoli” cosmica è solo il 10% di quello che contiene. L’identificazione della materia oscura, responsabile della quasi totalità della massa galattica, rappresenta una delle sfide più scottanti dell’astrofisica contemporanea.

Il Sole si trova nel disco a circa mezza via tra il centro, distante 27.000 anni luce, e i confini esterni, in una posizione dalla quale risulta impossibile avere una visione sufficientemente completa della Galassia, nella luce visibile. Le enormi quantità di polveri e gas, distribuite lungo il disco, ci rendono se non completamente ciechi, fortemente miopi. Nel cielo notturno, le vediamo formare, insieme alle stelle relativamente vicine al Sole, la fascia della Via Lattea, impedendoci la vista di tutto quello che si trova al di là di qualche migliaio di anni luce di distanza.

Nel corso dell’anno si possono osservare differenti regioni della Galassia. In queste calde notti d’estate, se rivolgiamo lo sguardo verso meridione, intorno alla mezzanotte, tra le stelle delle due splendide costellazioni dello Scorpione e del Sagittario, la Via Lattea appare più ampia e lucente. L’effetto non è casuale: da quella parte la densità stellare aumenta sempre più, poiché la via conduce al centro galattico. I traccianti delle braccia a spirale, di cui ho appena narrato, ci svelano che in quella direzione incontriamo uno dei bracci principali della spirale, quello del Sagittario. A disegnarne l’imponente struttura stelle giovani, ammassi stellari e nebulose meravigliose, tra le quali le famosissime Trifida e Laguna.


Questo articolo fa parte di una serie di contributi pubblicati, circa 20 anni fa, in uno dei primi e forse più interessanti blog italiani di astronomia, cassiopeonline.it, fondato da Daniela Villani ed un gruppo di fantastici ricercatori, con i quali ebbi la fortuna di collaborare. Purtroppo Cassiopeaonline non è più attivo da oltre 15 anni, tuttavia, chiesi a Daniela di poterne conservare e ridivulgare i contenuti. Oggi, finalmente, ho deciso di condividerli con voi, in quanto ritengo che siano un piccolo tesoro da preservare. I contenuti sono riportati integralmente, mentre alcune immagini sono state attualizzate.